Centrodestra: Meloni, Salvini e Berlusconi s’incontrano per parlare di premiership, collegi e ‘bis’ di Musumeci

Centrodestra: Meloni, Salvini e Berlusconi s’incontrano per parlare di premiership, collegi e ‘bis’ di Musumeci

Appuntamento oggi alle 17 nelle stanze del gruppo Lega a Palazzo Montecitorio. Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi si trovano per mettere nero su bianco le `regole´ del centrodestra in vista delle urne.

L’incontro, che avviene a una settimana esatta dal mancato voto di fiducia di Lega e FI a Mario Draghi, è necessario per risolvere alcuni nodi cruciali per la coalizione e si svolge in una sede istituzionale per esplicita richiesta della presidente di Fratelli d’Italia. Al vertice parteciperanno anche i centristi Maurizio Lupi di Noi con l’Italia e Lorenzo Cesa dell’Udc, mentre non ci sarà Giovanni Toti dopo la frattura dei giorni scorsi sul sostegno al governo di unità nazionale. In queste ore i leader non si sarebbero sentiti, sui temi sono al lavoro gli `sherpa´. I principali nodi da risolvere sono temi posti da FdI e riguardano la premiership, i criteri di divisione dei collegi uninominali e il cosiddetto `patto anti-inciucio´. Fdi, riferiscono fonti parlamentari, punta a sciogliere prima il nodo della premiership, poi quello sui collegi.

L’obiettivo è quello di evitare qualsiasi tipo di condizionamento e di arrivare subito a un metodo chiaro su chi deve andare a palazzo Chigi in caso di vittoria del centrodestra.

Lega e Forza Italia pongono temi più programmatici all’attenzione degli alleati. Gli ex lumbard chiedono, in caso di vittoria alle elezioni, che già nel primo Consiglio dei ministri si proceda all’approvazione dei decreti Salvini su sicurezza e immigrazione e al via libera a una vasta operazione di `pace fiscale´ sulle cartelle esattoriali entro i 10mila euro. Tra le priorità dei leghisti anche l’allargamento delle platea che beneficia della flat tax e il superamento delle legge Fornero sulle pensioni con l’introduzione di quota 41. Berlusconi, dal canto suo, dice di aver già scritto un programma elettorale «avveniristico» da sottoporre agli alleati, che comprende, tra le altre cose, il taglio del cuneo fiscale, l’innalzamento delle pensioni minime a 1.000 euro al mese e la piantumazione di un milione di alberi in più («in realtà nel Pnrr è già previsto che ce ne siano sei», dice un esponente della maggioranza). Da FdI si chiede invece il mantenimento delle regole del 2018. Cambiarle sarebbe un errore, non c’è neanche il tempo, dice il vice presidente del Senato Ignazio La Russa. Si tratta in primo luogo della regola sulla premiership, in base alla quale è il partito che prende più voti a indicare un nome per Palazzo Chigi a Sergio Mattarella.

Salvini ha detto di essere d’accordo sul mantenimento di questa regola, FI è più scettica.

Per il partito di Berlusconi l’indicazione del premier non dovrebbe essere data ora: il timore è che una campagna incentrata su una corsa di `Meloni premier´ possa far perdere a FI consensi tra quell’elettorato moderato messo a dura prova anche dallo strappo su Draghi. Ma domani potrebbe comunque arrivare l’apertura alla possibilità che ogni forza politica della coalizione possa indicare il proprio candidato premier. E così la Lega punterebbe su Salvini, Fdi sulla Meloni e Forza Italia su Tajani. «Sarebbe una mediazione per agganciare il voto moderato», la tesi in FI. C’è intanto fibrillazione nel partito azzurro, perché in molti hanno il timore di non essere più ricandidati. E si moltiplicano gli abbandoni. Dopo Mariastella Gelmini e Renato Brunetta, ieri anche Mara Carfagna ha detto `addio´ agli azzurri e nei prossimi giorni potrebbero seguire altri parlamentari. L’altro nodo da sciogliere riguarda la spartizione dei collegi ma la questione potrebbe essere affrontata in un secondo momento.

FdI chiede il 50% dei collegi uninominali o comunque una ripartizione proporzionale ai sondaggi sui consensi dei partiti.

Lega e FI chiedono che sia fatta una media tra i sondaggi e il dato storico di ogni partito. Il partito di Meloni potrebbe però ammorbidirsi e fare qualche gesto di generosità, per esempio rinunciando a qualche collegio a favore dei centristi (finora `presi in carico´ da FI). Per quanto riguarda i programmi ogni forza politica presenterà il proprio in campagna elettorale ma l’obiettivo è arrivare ad un documento comune. Infine, oltre al patto anti-inciucio chiesto da FdI agli alleati, l’ultimo tema spinoso riguarda le regionali. Meloni probabilmente chiederà che sul tavolo del negoziato sia messo anche l’ok degli alleati alla ricandidatura di Nello Musumeci alla presidenza della Regione Siciliana. E, se Lega e FI confermassero il `no´, potrebbe mettere in discussione la corsa del leghista Attilio Fontana in Lombardia a primavera del 2023. Il cammino di Fontana potrebbe essere reso più accidentato anche dalla sua vice Letizia Moratti che ha confermato l’intenzione di candidarsi a Palazzo Lombardia. Ma il tema delle Regionali, sottolineano fonti parlamentari di FI e della Lega non è sul tavolo per il momento. In ogni caso sia in FI che nel partito di via Bellerio c’è il convincimento che Fdi non voglia rompere. «La Meloni si autoisolerebbe», il `refrain´. Resta un clima di sospetto tra gli alleati ma il convincimento è che occorrerà trovare un accordo e che – ripetono soprattutto nel centrodestra di governo – da soli non si vince. E questa volta – il `refrain´ – abbiamo l’occasiobe per avere una maggioranza salda sia alla Camera che al Senato.

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