I Gagini di Bissone in Sicilia: storie di santi, madonne, angeli e profeti

I Gagini di Bissone in Sicilia: storie di santi, madonne, angeli e profeti

Si è concluso il convegno sull’arte dei Gagini di Bissone, nella cornice straordinaria di Castello Ursino a Catania.

I Gagini di Bissone in Sicilia: storie di santi, madonne, angeli e profetiIl 4 e il 5 novembre è stata quindi l’occasione per mettere a confronto idee, studi e progetti sulle opere realizzate dalla famiglia Gagini dal XV al XVI secolo in Sicilia e Calabria. Le giornate di studio concludono una serie di attività culturali avviate già da tempo – in co-produzione tra diversi enti pubblici e privati – e rilancia l’idea del “museo diffuso” come strumento innovativo di narrazione della memoria.

In prima fila le Soprintendenze di Catania e Reggio Calabria, insieme alle Diocesi di Acireale, Caltagirone, Reggio Calabria e l’Arcidiocesi di Catania oltre al Ministero della Cultura e il Fondo per l’edilizia di Culto (FEC). Tanti i comuni coinvolti nelle due regioni, oltre alle università, le associazioni e a fare gli onori di casa nell’antico castello il comune di Catania.

I lavori proposti nelle due giornate di studio sono stati preziosi e i relatori hanno offerto un atlante dei saperi ricco di spunti e innovazioni, alternando ai temi più accademici e scientifici, quelli afferenti alla pratica del restauro.
Ad aprire i lavori l’architetto Donatella Aprile – Soprintendente ai BB.CC. AA. di Catania – che ha introdotto il tema del convegno, ringraziando quanti hanno lavorato per la buona riuscita dell’evento – dalla dott.ssa Carmela Cappa all’arch. Salvo Girianni, solo per citarne alcuni. In effetti la complessità del progetto di narrazione culturale ha impegnato tante risorse con un lavoro di almeno due anni. A portare i saluti delle istituzioni, il prefetto Maria Carmela Librizzi, il dott. Paolo di Caro per conto del Commissario del Comune di Catania, il dott. Federico Portoghese e Germana Barone per conto del Rettore dell’Università, il prof Francesco Priolo, e Sebastian Carlo Greco presidente dell’Ordine degli Architetti ppc di Catania.

Nella prima sessione dei lavori, le relazioni di Andrea Spiriti, Massimiliano Caldera, Giuseppe Ingaglio, Francesco Campione, Barbara Mancuso, Sergio Intorre, Maria Di Natale, Maurizio Vitella, Paolo Russo e Alessandra Migliorato, hanno illuminato il paesaggio immaginifico dei Gagini. Collocando le opere e i suoi autori – quella portentosa famiglia Gagini – sul piano geografico, politico, economico e letterario. Presentando nuove ipotesi, ritrovamenti inattesi all’interno di una costellazione più ampia del perimetro regionale: la scuola degli scultori dei laghi, l’Europa, il Mediterraneo e l’America Latina. L’arte – in questo caso dei Gagini – non solo come prodotto estetico, puntuale e monumentale ma principalmente come processo, come filiera, come progetto industriale, come impegno familiare. Forse una saga degna di una produzione cinematografica o di un romanzo storico.

I Gagini e i Laurana, da Bissone alla Dalmazia.

I Gagini di Bissone in Sicilia: storie di santi, madonne, angeli e profetiLa Sicilia come terra di approdo e di conquista come spazio di sperimentazione e di contaminazione con alcune aderenze significative con Filippo Brunelleschi e Michelangelo Buonarroti. Basterebbero queste poche riflessioni per comprendere la portata dell’esperienza artistica che diventa con questo progetto un museo diffuso, una rete invisibile che lega alcune città che ospitano le opere di questa famiglia di artisti-industriali che hanno determinato l’immaginario del sacro tra madonne, altari e architetture religiose.

Emozionante, utile, approfondito.

Un viaggio senza fine, tra putti, angeli, santi, profeti e le donne – madonne dal volto infantile e qualche volta spiccatamente femminile, dal tardo gotico fino ad oltre il rinascimento. In quella dimensione del sacro che abbandona l’arcaicità e la castigata verginità delle madonne medievali per abbracciare un nuovo classicismo più sensuale, che rimette al centro la figura femminile. Un naturalismo mediato, un modellato che – pur nella rigidezza dei canoni di Policleto (espediente, tra l’altro, che garantisce la replicabilità industriale) – offre diverse variazioni sul tema, sempre originali, ma nello stesso tempo riconoscibili – determinando tempi e autori differenti ma pur sempre coerenti al “gaginismo”, tanto amato dalle committenze.

Nella seconda parte dei lavori, molto spazio alla pratica del restauro, alle opere recuperate e salvate dall’incuria umana.

L’arch. Luigi Longhitano, che coordinava i lavori di questa sessione, ha presentato il mondo della materia, della forma e i suoi significati nell’arte, che hanno avuto il loro apice nella lezione di Don Nunzio Capizzi; forse la relazione più emozionante e inattesa della giornata. Una narrazione del significato teologico, di un’opera di Antonello Gagini a Trapani, nella Basilica della Maria Santissima, un arco di pietra parlante. E dopo le prospettive sulla digitalizzazione del patrimonio a cura di Franco Prampolini e le innovazioni tecniche sui nuovi prodotti di pulitura bio di Rocco Froiio; la giornata si è conclusa con gli interventi relativi ad alcune opere, da parte dei restauratori: Maria Scalisi, Davide Rigaglia, Giuseppe Galvagna e Pasquale Faenza. Una collezione di buone pratiche che rendono completo il convegno restituendo quell’utile pragmatismo materico che unito all’esperienza scientifica e accademica del giorno prima ci fa ben sperare sulla linea metodologica intrapresa dagli organizzatori.

La conclusione dei lavori è stata di Carmela Cappa, l’anima di questo progetto che condivide con tanti altri protagonisti.

Emozionante e passionale la sua visione e utile il contributo di questo lavoro di ricerca nel dibattito – spesso conflittuale – tra opera, luogo e musealizzazione. La strada del museo diffuso per quelle opere che devono “restare” nei luoghi di appartenenza ci sembra condivisibile. Anche il senso di responsabilità del “ricercatore” – a tutti i livelli – resta un messaggio chiaro e preciso per tutti. Se vogliamo restituire dignità al nostro patrimonio culturale e ambientale, alla nostra identità e ai nostri paesaggi (anche culturali) dobbiamo lavorare in sinergie condividendo i saperi e le buone pratiche, riconoscendo i meriti e gli sforzi. Attraverso un progetto in cui università, enti pubblici e privati, scuole e associazionismo, possano convergere per raggiungere il bene comune.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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