Mafia, l’inchino del fercolo davanti alla casa del boss: 39 condanne per la processione di S. Michele di Ganzaria

Mafia, l’inchino del fercolo davanti alla casa del boss: 39 condanne per la processione di S. Michele di Ganzaria

Il Tribunale ha emesso una sentenza alquanto esemplare condannando 39 persone per l’inchino del fercolo durante la processione del Venerdì Santo del marzo del 2016 a San Michele di Ganzaria,

quando i portatori del fercolo non rispettarono il percorso prefissato effettuando tre deviazioni per giungere davanti la casa del boss mafioso Francesco La Rocca di Cosa nostra per effettuare l’inchino.

I reati contestati dalla Dda di Catania, a vario titolo, sono turbamento di funzioni religiose e istigazione a delinquere.

A 30 imputati è contestata anche l’aggravante mafiosa. Ritenuto prescritto il reato di riunione pubblica non autorizzata. Tre imputati sono stati assolti perché il fatto non costituisce reato. Indagarono i carabinieri. Il tribunale di Caltagirone ha condannato a sei mesi ciascuno di reclusione dodici imputati, disponendo la sospensione della pena. Ha comminato due anni e sette mesi di reclusione per altri undici imputati, due anni e nove mesi per otto e tre anni per altri otto. Ha assolto, con la formula perché il fatto non costituisce reato, accogliendo anche la richiesta del Pm Giuseppe Sturiale della Dda di Catania, Francesco Pullara, difeso dall’avvocato Roberto Cavevaro, e Simone Franchino e Gaetano La Rocca, figlio di un fratello del boss ergastolano Francesco che era detenuto al 41bis, difesi dai penalisti Luca Fosco e Daniele Guzzetta.

Un altro nipote del capomafia, Salvatore La Rocca, figlio di un altro fratello del boss, è stato condannato a due anni e nove mesi di reclusione. Il Tribunale ha disposto anche il risarcimento spese al Comune di Santa Maria di Ganzaria che si era costituito parte civile nel procedimento. Secondo l’accusa, sostenuta in aula dalla Dda di Catania, e basata su indagini e video girati dai carabinieri della stazione di Santa Maria di Ganzaria e della compagnia di Caltagirone, il fercolo del venerdì santo il 25 marzo del 2016, sarebbe stato costretto a cambiare il percorso previsto dalla processione facendolo “fermare davanti l’abitazione di Francesco La Rocca, consentendo alla moglie, che attendeva la sosta di rendere omaggio”.

L’ARCIVESCOVO DI CATANIA: “DIO NON STA CON I MAFIOSI”

«Accogliamo questa sentenza con soddisfazione, una sentenza che certo sta facendo soffrire delle persone, ma è una sofferenza questa che spero diventi feconda, perché non si usa mai Dio e il nome di Dio, colui che è il Crocifisso e che è dalla parte delle vittime e non certo dei mafiosi che sono uomini violenti e spietati, è dalla parte di coloro che loro calpestano e uccidono. Spero chi ha fatto quel gesto rifletta su quanto compiuto»: è il commento dell’arcivescovo di Catania, Luigi Renna, alla notizia della condanna per l’«inchino» dinanzi alla casa del boss di San Michele di Ganzaria, durante la processione del 2016. «Questa sentenza – ha aggiunto Renna – sia l’occasione per rinascere e per dire che il Signore lo si onora con la purezza di cuore, non con atteggiamenti del genere e che questa sentenza diventi esemplare perché mai più accadano cose del genere sia nella nostra Sicilia, sia in tutta Italia, sia in tutto il mondo».

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