Paternò, la Madonna della Catena è tornata: restaurata l’opera di Gagini. Ora serve un nuovo progetto culturale

Paternò, la Madonna della Catena è tornata: restaurata l’opera di Gagini. Ora serve un nuovo progetto culturale

Maria è tornata.

Restituire a una comunità, il godimento artistico e spirituale di un’opera del passato è come far tornare da un viaggio, lontano nel tempo, le ragioni più profonde che hanno determinato l’identità di un luogo. Il restauro della Madonna della Catena – opera presunta di Antonello Gagini (primi del XVI sec.) – costituisce, insieme alla Madonna dell’Idria di Sofonisba Anguissola (tardo XVI sec.) il nucleo portante di nuovo progetto culturale che la città di Paternò, l’antica Hybla, deve intestarsi e sviluppare.

Maria è tornata.

Paternò, la Madonna della Catena è tornata: restaurata l’opera di Gagini. Ora serve un nuovo progetto culturale Le due opere sono collocate lungo la via Fabaria (Fracigena), in quello spazio di intersezione urbana che costituisce la cerniera tra la città e l’acropoli, tra il Simeto e l’Etna, tra il territorio più lontano e la comunità. Condizioni propizie per costruire un piano organico di offerta culturale e turistica. Il punto di partenza per riallacciare quel filo simbolico che dalla dea Madre, passando per Hybla, Demetra, Iside e Julia Florentina, arriva proprio alla Vergine Maria, la Parthenos. Un percorso tutto al femminile, interrotto solo per pochi decenni dalle necessità politiche della famiglia Moncada (XV sec.), ma ripreso, prima con la madonna della Consolazione e poi concluso con la devozione di santa Barbara (XVI sec.).

Dalla sacralità del paesaggio – femminino, testimoniato dalle innumerevoli fonti d’acqua e da quel fuoco sotterraneo che le Salinelle e l’acropoli esprimono da sempre – fino a tutte quelle donne che hanno rappresentato, nei secoli, la natura vera di questa città. Maria è veramente tornata.

La Madonna della Catena era collocata in una piccola nicchia sulla parete nord della chiesa della Madonna del Carmelo e questa collocazione non era sicuramente quella originaria. Sacrificata da uno spazio inadeguato ed esposta ai pericoli, dovuti alle precarie condizioni dell’involucro edilizio, è stata trasportata provvisoriamente nella chiesa di Santa Barbara per essere, prima restaurata e successivamente esposta all’interno dell’aula liturgica, in attesa di un possibile rientro nella chiesa di origine, con una nuova collocazione che possa esaltare e valorizzare il valore artistico della scultura a tutto tondo.

Le sue condizioni generarli erano buone ma la superfice marmorea originaria era stata manomessa da verniciature improprie anche di recente applicazione e il restauro – curato dalla Soprintendenza ai Beni Culturali di Catania e diretto dalla dott. Carmela Cappa – ha eliminato proprio queste superfetazioni attraverso la pulitura della superficie, restituendo il disegno originale dell’opera Gaginiana. Di particolare interesse è lo scannello, che ospita le figure di San Pietro (sx) e San Paolo (dx) lateralmente, mentre al centro si susseguono le formelle che rappresentano l’annunciazione, la natività e l’adorazione, temi cardine afferenti ai Vangeli.

Lo spazio provvisorio – in attesa del rientro sperato nella chiesa del Carmine – dove è attualmente collocata la scultura è alla base di uno dei lati dell’ottagono dell’aula liturgica della chiesa di Santa Barbara e precisamente quello a nord est, a sinistra entrando dall’ingresso principale. Uno spazio espositivo ha il compito di valorizzare l’opera e di darle respiro prospettico, proponendo una spazialità, che per forma e decoro, utilizzasse un linguaggio più sobrio e minimale; una rivisitazione – in chiave contemporanea – dei valori estetici rinascimentali, pur incastonati dentro un ambiente fortemente decorativo.

Maria è tornata e come scesa dal podio è in mezzo a noi.

Una figura che riprende le linee rinascimentali, ricca di umanesimo e portatrice di valori classici. Una scultura che restituisce un modello di bellezza perduta, fatta di rimandi iconografici e di sofisticati simbolismi. Il volto, i capelli, le mani, il drappeggio, il ricamo, l’uccellino, il bambino, gli sguardi. Un patrimonio di segni che dovevano aver stupito i fedeli del XVI secolo a Paternò. Ma la cosa più emozionante è il carisma di questa madonna, quasi ipnotico e la possibilità di vederla quasi come fosse una donna più che una dea, le conferisce quel carattere consolatorio che ci trascina verso l’innamoramento. Non più una madonna esile e bambina, quasi ieratica, ma una donna vera, madre, tenerissima. Un’icona di spiritualità rinnovata, di trascendenza umanizzata, di bellezza pura.

Un manifesto di valori rinascimentali, di linguaggi morbidi e avvolgenti, ricca di attributi iconografici, anche sommessi e sottotraccia. Il marmo di Carrara, la foglia d’oro, le velature appena accennate, gli innesti misurati e dichiarati per risolvere vecchie manomissioni. Maria è tornata e con lei una rinnovata devozione mariana. Restituisce a questa comunità, quella etnea, una delle tante costellazioni della produzione Gaginiana, la possibilità di rinnovare lo spirito, l’opportunità per rigenerare i modelli di sviluppo turistico a partire da quello artistico-religioso. Adesso, però, serve un progetto serio, competitivo e innovativo.

Il 3 novembre alle ore 18.00 nella chiesa di Santa Barbara saranno presentati i risultati del lavoro di restauro e allestimento della scultura.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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