Adrano, la “Supercazzola” di ‘Amici miei’ è nata qui: era la “Scianfànfera maggiore della vena viscerale”

Adrano, la “Supercazzola” di ‘Amici miei’ è nata qui: era la “Scianfànfera maggiore della vena viscerale”

Detta così suona assai presuntuosa: la Supercazzola – resa nota dal film ‘Amici miei’ – in realtà è nata ad Adrano.

Perlomeno, dalla città del Castello Normanno ha preso le mosse per poi espandersi in tutto il territorio italiano.

Come l’origine messinese di William Shakespeare, Guglielmo Crollalanza secondo alcuni studiosi, l’assunto è assai difficile da dimostrare.

Va detto, però, che il regista Pietro Germi venne proprio ad Adrano nel 1960 per girare – dentro il Teatro Bellini – alcune scene del film “Divorzio all’italiana” premiato l’anno dopo con l’Oscar come migliore sceneggiatura originale. Germi, com’è noto, ‘passò’ a Monicelli le tracce delle zingarate di un gruppo di amici fiorentini divenute poi il cuore degli indimenticabili “Amici miei”.

Ad Adrano, molte testimonianze provano che già oltre 70 anni fa – nell’immediato dopoguerra – una sorta di grammelot-cazzeggio veniva utilizzato da un gruppo di giovani goliardi per confondere spiriti semplici e per mero divertimento.

L’ascoltatore veniva subito stordito con una “Chiachiè, ciachiò, dici cà ieu, dici cà to” che già imprimeva al discorso un’aura di incomprensibile mistero.

Il lessico utilizzato faceva poi subito riferimento alla “Scianfànfera maggiore della vena viscerale” aggiungendo alla bisogna il carico di tre aggettivi qualificativi: “Cacante, Boante, Altitante”. Tra le pieghe del linguaggio cifrato v’era nascosto anche il termine “nei finait” che equivaleva a mandare a quel paese l’ascoltatore.

In Piazza Umberto, ai piedi di Palazzo Bianchi dove si ‘esibirono’ davvero politici nazionali di livello come Berlinguer o Almirante, i giovani adraniti mettevano a punto a mo’ di falso comizio le tecniche della ‘supercazzola’ ante-litteram.

Nei giorni a seguire, perfezionato il linguaggio, ignari amici e conoscenti subivano i giochi di prestigio verbali di uno o più declamatori di questa sorta di gioioso baccagghio (nulla a che vedere con il linguaggio in codice dei malacarne siciliani).

“Turi, ma allora che è questa storia, chiachiè chiachiò dici cà ieu dici cà to?” chiedeva l’Ugo Tognazzi del posto all’amico non proprio al corrente dello scherzo.

Avviato il confronto verbale, un altro della comitiva confondeva ancora di più le carte citando la “Scianfànfera maggiore della vena viscerale” e conferendo all’argomento trattato un’aura impenetrabile: “Dice che è cacante, boante, altitante”.

La scarica esilarante, di solito, metteva ko l’interlocutore.

Solo anni dopo, rivedendo il film di Monicelli, ereditato da Pietro Germi, alcuni anziani adraniti realizzarono che la ‘Supercazzola’ fiorentina era parente stretta della ‘Scianfànfera’ adranita. E’ presuntuoso, però, oltre che impossibile, affermare che tutto sia partito da Adrano.

Un mistero “cacante, boante e altitante” destinato a rimanere tale.

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Riguardo l'autore Nicola Savoca

Giornalista professionista dal 1992, ‘annus horribilis’ per l’Italia e la Sicilia soprattutto. Dirige il Corriere Etneo dal 2017 ma non ha mai usato la bacchetta. Le sue grandi passioni sono lo scrittore John Fante e il regista Giuseppe Tornatore. Radio e televisione sono il suo terreno preferito. La vecchia Telecolor gli è rimasta nel cuore. Catanese di Adrano, ha un debole per la sua città. Su un’isola deserta porterebbe tutti i dischi di Lucio Battisti (la preferita è Anche per te).

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