Paternò, l’ing. Ciccia: “Riconnettere la città metropolitana con le aree interne. E non servono visionari né vecchie prassi”

Paternò, l’ing. Ciccia: “Riconnettere la città metropolitana con le aree interne. E non servono visionari né vecchie prassi”

Al dibattito sul futuro urbanistico di Paternò – Valle o Costellazione – dà il proprio contributo l’ing. Giuseppe Ciccia che ha inviato al Corriere Etneo questo intervento.

Quando la normalità diventa eccezione ed il buon senso segna il passo, anche l’urbanistica necessita di un risveglio delle coscienze.

Credetemi se vi dico che mi costa non poco intervenire nel dibattito urbanistico che si è innescato in questi giorni nella nostra città sulla nuova legge regionale.

Mi costa molto, ma sento che lo devo fare. Stare un passo indietro ed operare nella “normalità” spesso viene visto come un’adesione alla filosofia della serie  “d’unni mi chiovi mi sciddica”; ma a ben vedere, la verità spesso è assai lontana.

Sì, certo: “La maggior parte della gente non si preoccupa di scoprire la verità, ma trova molto più facile accettare la prima storia che sente” e chissà quante persone ci guardano con sospetto, perché hanno sentito parlare male di noi, senza nemmeno conoscerci. E tuttavia, se si è un tantino più attenti, si scopre che la storia, il più delle volte, parla per noi; e nella maggior parte dei casi, è molto meglio restare in silenzio piuttosto di mille parole.

Persino la storia della nostra città parla (senza bisogno di aggiungere altro) e noi la conosciamo benissimo; ma, consciamente od inconsciamente, ogni volta che ne sentiamo la necessità siamo pronti ad accapigliarci piuttosto che a collaborare.

Io credo che, dal punto di vista urbanistico, se non si analizzano le ragioni che hanno determinato l’attuale assetto della città non si può nemmeno prefigurare il suo futuro. Gli attori, le criticità emerse, le distorsioni e tanto altro, sono tutte cose  da ricercare, anche solo allo scopo di non correre nuovamente il rischio di ripercorrere sentieri già obsoleti e/o banalmente corrotti.

Qui non si tratta di essere pragmatici, visionari o nichilisti… ma di essere “più realisti del re”. La legge non interpreta, né si manipola… la si applica.

La nuova norma urbanistica regionale propone metodi, strumenti e visioni completamente nuove e lungimiranti rispetto al passato, e questo, piaccia o non piaccia, impone sul piano procedurale un approccio innovativo che, seppur fino ad oggi non sperimentato, dev’essere necessariamente percorso per restare al passo coi tempi.

L’attuazione dei processi decisionali non può prescindere da una precisa visione strategica di natura tecnica che sia cura di specialisti. Mobilità, ambiente, economia, sociologia, patrimonio culturale, e quant’altro, in chiave locale e globale, hanno bisogno di una partecipazione dal basso (peraltro prevista per legge), ma questa non può senz’altro sostituire “tout court” competenze e professionalità facendo leva su procedure adattive, confusionarie e bizzarre.
Immaginate cosa sarebbe stata “la grande bellezza” senza Michelangelo, Brunelleschi e compagnia bella. Il rischio per questa città è sempre quello di rimanere nell’ambito dell’autarchia e dell’approssimazione.

La verità è che da oggi in poi, i modelli di gestione del piano urbano generale (PUG) non possono essere rimessi nelle mani di chi fino a ieri ha sempre fallito sui modi, sui tempi e financo sui contenuti. La storia ci insegna che le distorsioni, o meglio le distopie, non hanno mai portato grandi benefici alle comunità.

Immaginare la città, e in particolare il centro storico, diviso per comparti è la negazione della stessa riforma urbanistica, che prevede – al contrario – procedure più agili, concorsuali e meritocratiche; procedure che devono essere, puntuali, ragionate e confinate in primo luogo a quelle parti di territorio portatrici di forti criticità.

La città deve ritrovare la sua identità urbana, intesa come cerniera tra le parti del territorio urbano, territoriale e geografico. La città e le sue aderenze devono diventare parte di un piano più ampio per riconnettere la città metropolitana con le sue aree interne. Lavorare per approssimazioni e proclami significa isolarsi, impoverirsi e non agganciarsi alla logica della globalizzazione tipica dei nostri tempi.

Non parlare di progetti di mobilità urbana, per valorizzare le aree industriali, artigianali e culturali-naturalistiche, significa privare la città di grandi opportunità sul piano dei mercati e depotenziare l’offerta delle nuove residenze chiamate a ricucire il tessuto urbano già fortemente compromesso.

E quindi, non si può parlare di “concretezza” quando per anni si è stati “portavoce” di posizioni predominanti e di monopolio che hanno intasato e saturato le aree edificabili (a volte, anche solo virtualmente per svicolare su “altri lidi” ).

Forse, ci dobbiamo piuttosto chiedere: “Ha ancora senso continuare ad esporre argomenti e soluzioni che non hanno più motivo di esistere?
Serve un progetto attrattivo e diffuso che si ponga come forza trainante per rigenerare la città e le sue parti. Queste sono modernità e realismo!!

Non servono giovani urbanisti visionari, né abili attuatori di vecchie prassi, ma professionalità credibili, esperte, competenti e dedite all’innovativa applicazione della legge. Niente più personaggi carismatici, ma “umili contadini delle terre del padrone” che sappiano smuovere le coscienze di tutti: dei  giovani tecnici, degli studenti, della politica, delle professioni e delle imprese. Servono tutti quegli strumenti certi, che ha già indicato senza ombre la nuova legge urbanistica.

Rinunciare a tutto questo significa solo “cambiare tutto per non cambiare nulla” di Gattopardiana memoria; ingessare ogni cosa a tutto vantaggio di pochi; significa ripercorrere le strade del passato che ci hanno visto fallire nel dare una forma efficiente alla città che ci ritroviamo oggi.

Non si può sempre rinunciare al meglio nascondendosi sempre dietro ai “se” o ai “ma” (o peggio ancora dietro ai “…a Paternò questo non si può fare…”). Se non si ha una visione e un progetto di sviluppo unitario serio e di sistema, si praticano solo demagogie ed inutili speculazioni.

“Il segreto della felicità è la libertà, e il segreto della libertà è il coraggio.”
ing. Giuseppe Ciccia

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