Mafia: “L’ex deputato pagava gli stipendi dei detenuti del clan”. Nove società di Nicotra nel mirino della procura etnea (VIDEO)

Mafia: “L’ex deputato pagava gli stipendi dei detenuti del clan”. Nove società di Nicotra nel mirino della procura etnea (VIDEO)

La sezione Misure di prevenzione del tribunale di Catania ha emesso un decreto di amministrazione giudiziaria per la durata di un anno, su richiesta della Dda etnea, per nove società direttamente o indirettamente riconducibili all’ex deputato regionale Pippo Nicotra, 64enne di Aci Catena, attualmente ai domiciliari.

Si tratta di società operanti nel settore del commercio al dettaglio e all’ingrosso di prodotti alimentari, nella gestione di dati contabili e amministrativi e commerciali, oltre che della compravendita di immobili. Le nove aziende hanno un volume d’affari complessivo di oltre trenta milioni di euro.

Il provvedimento, notificato dai carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Catania, “mira a bonificare e ad impermeabilizzare – dice la procura distrettuale in una nota – il complesso delle strutture imprenditoriali facenti capo a vario titolo a Nicotra, la cui gestione è fortemente sospettata di essere stata orientata al fine di agevolare la famiglia di Cosa nostra etnea Santapaola-Ercolano”.

Secondo i magistrati “le pregresse indagini e le conseguenti vicende giudiziarie avevano certificato la particolare vicinanza” dell’ex deputato regionale ai Santapaola-Ercolano, “in particolare al gruppo di Aci Catena”.

Queste le nove società finite nel mirino dei magistrati: Ingrosso Alimentari Nicotra, di Giuseppa Chiarenza & C. Sas; Pavit Srl; Nucleo6 Srl; Nicotra Food Srl; Belfrontizio Srl;
Essegi Srl; Nicon Srl; Alimentari Nicotra Srl; Ni.imm. Srl.

Il nome di Nicotra figura nell’elenco dei destinatari del provvedimento cautelare emesso nell’ambito dell’operazione eseguita dai carabinieri nell’ottobre del 2018 con il
coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Catania.

In quell’occasione furono disarticolati i gruppi di Acireale e Aci Catena legati ai Santapaola-Ercolano. I contatti tra Nicotra e i clan, secondo la procura di Catania, “risalivano alla primavera del 1993”, quando la prefettura ordinò la sua rimozione dalla carica di sindaco di Aci Catena. Le intercettazioni effettuate nell’ambito dell’inchiesta del 2018 e le diverse dichiarazioni dei collaboratori di giustizia appartenuti sia ai Santapaola-Ercolano che al clan Laudani “avevano ulteriormente cristallizzato la stretta contiguità di Nicotra – dicono dalla Procura – con i vertici di Cosa nostra, con particolare riferimento anche al reperimento di consensi elettorali a suo favore” nel corso delle elezioni per l’Assemblea regionale siciliana. I presupposti per l’applicazione della misura di prevenzione alle aziende di Nicotra, quindi, secondo gli inquirenti, “affondano le radici nell’ampia sussistenza di elementi”, a cui si sono aggiunti gli esiti dell’indagine economico-finanziaria
del Nucleo investigativo dei carabinieri di Catania.

L’indagine avrebbe svelato, secondo la procura, come Nicotra, anche grazie alla sua attività imprenditoriale, “nel corso degli anni abbia ampiamente agevolato i facenti parte della famiglia di Cosa nostra etnea attraverso l’instaurazione di un rapporto sinallagmatico”. Secondo i magistrati catanesi, infatti, Nicotra avrebbe “sollecitato, direttamente o indirettamente, dal 2005 al 2012, i vertici dei Santapaola a reperire voti per se’ o per soggetti da lui individuati, ponendosi quale interlocutore politico di riferimento per la consorteria mafiosa, disponibile ad assecondarne le esigenze”.

L’ex deputato regionale avrebbe poi “pagato stabilmente gli stipendi degli affiliati detenuti, contribuendo così al mantenimento in vita del sodalizio criminale”.

Tra le accuse anche quella di avere impiegato nelle proprie attività commerciali numerosi famigliari di appartenenti al clan e di avere “negoziato assegni provenienti dall’associazione,
sostituendo banconote di piccolo taglio con banconote di maggior valore”.

L’obiettivo, in quest’ultimo caso, sarebbe stato quello di “agevolare” la mafia nel trasporto di somme di denaro necessarie per l’acquisto di droga. L’accusa, quindi, è quella di avere
riciclato denaro sporco attraverso le sue attività.

 

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