Sofonisba, il ritorno a Paternò di due preziosi dipinti: ora serve un progetto culturale (ma all’appello mancano troppe opere)

Catania, la Madonna dell’Itria e altri 25 gioielli siciliani: fino al 4 dicembre la mostra dedicata all’opera di Sofonisba Anguissola

Tornano dopo un lungo viaggio, nella città di Paternò, le opere pittoriche di Sofonisba Anguissola, l’artista cremonese che, sposando Fabrizio Moncada, ha legato il suo destino all’antica città di Hybla.

Dalla Lombardia a Madrid, dalla Spagna fino a Paternò, per poi viaggiare verso Genova e concludere una vita lunga e ricca di esperienze a Palermo dove è attualmente sepolta.

Sofonisba, il ritorno a Paternò di due preziosi dipinti: ora serve un progetto culturale (ma all’appello mancano troppe opere)Tornano le opere scoperte e restituite al pubblico, restaurate a Cremona da Domenico Cretti: la Madonna dell’Itria e la Madonna della Raccomandata; per quest’ultima opera ci sono ancora alcuni dubbi sull’attribuzione a Sofonisba, espressi da Mario Marubbi (24 maggio 2022, Cremona oggi) al contrario di Roberta Carchiolo e Francesco Giordano che sono più conviti nell’attribuirla a Sofonisba.
Alfredo Nicotra nel 1995 è il primo ad attribuire l’opera della Madonna dell’Itria a Sofonisba e nel 2002 Filippo Marotta Rizzo certifica l’attribuzione con la scoperta del documento con cui la pittrice dona la tavola alla chiesa di San Francesco sull’acropoli di Hybla (ex San Giorgio). È accertato che il 25 giugno 1579, Sofonisba, in procinto di lasciare l’isola, abbia donato questa sua opera al convento dei francescani di Paternò, allora luogo di sepoltura dei Moncada. Da lì è transitata alla chiesa dell’Annunziata.

“Che cosa abbia a che fare la pittrice cremonese con il piccolo comune siciliano in provincia di Catania è presto detto. Il 26 maggio 1573 Sofonisba, le cui opere lo stesso Vasari aveva definito “meraviglie”, sposava il nobile siciliano Fabrizio Moncada. Dopo un soggiorno di anni trascorso a Madrid, alla corte della regina Isabella come dama di compagnia e tutrice dell’infante, la pittrice cremonese veniva accolta nella piccola corte di Paternò dove si accingeva a iniziare una nuova vita.
Nel piccolo paese alle falde dell’Etna rimase fino al 1579 quando, venuto a mancare il marito nel corso di un attacco di pirati nel mare di Capri, decise di fare ritorno a Cremona. In realtà non raggiunse mai la sua città, travolta dall’amore folle per il capitano della nave che la conduceva a Genova dove si fermò prima di tornare ancora una volta in Sicilia, questa volta a Palermo, dove morirà quasi centenaria”.

“L’interesse per il periodo siciliano di Sofonisba ha avuto un suo culmine nel 2019, con due importanti eventi:- la conferenza su Sofonisba Anguissola, Pittora di natura et miraculosa, svoltasi il 21 marzo nella Chiesa della SS. Annunziata, a cura della Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali di Catania, con la partecipazione dell’Arcidiocesi di Catania e dell’Archeoclub d’Italia sezione Ibla Major di Paternò. Nel 2019, inoltre, un’immagine della tavola raffigurante la Madonna dell’Itria è stata pubblicata nel catalogo di una importante mostra che si è tenuta al Museo del Prado di Madrid sull’opera di Sofonisba Anguissola e Lavinia Fontana, aumentando l’interesse per l’opera in ambito internazionale”. Negli ultimi anni l’opera è stata esposta a Milano, Cremona e Catania e adesso il ritorno a casa, nella nuova cappella predisposta (a cura di Antonio Caruso) nella chiesa dell’Annunziata a Paternò dove sarà visitabile dal grande pubblico.

“Nel dipinto, di dimensioni considerevoli, l’artista cremonese riassume e aggiorna le trasformazioni iconografiche della Madonna Ogiditria, modello trasmesso dal mondo bizantino e presto recepito nelle Isole e nelle regioni meridionali italiane al seguito delle comunità greche e albanesi giunte dai Balcani. Il culto riservato alla Madonna d’Itria raggiunse pertanto grandissima popolarità, e nel corso del XVI secolo chiese a lei dedicate sorsero ovunque in Sicilia e la Madonna dell’Itria venne proclamata Patrona dell’isola.

Sofonisba, il ritorno a Paternò di due preziosi dipinti: ora serve un progetto culturale (ma all’appello mancano troppe opere)Ma adesso è necessario costruire un progetto culturale e turistico ad hoc, tenendo conto anche del contributo che verrà dal prevosto parroco don Salvatore Patanè.

Dopo la Madonna della Catena di Antonello Gagini, la copia della lapide di Iulia Florentina e la Madonna Nera – forse tra i pezzi più pregiati, ancora da valorizzare – è necessario pensare a un organismo (una fondazione, per esempio) che gestisca e valorizzi questo patrimonio che afferisce alla chiesa locale.

All’appello mancano troppe cose, come la Madonna delle Grazie del ‘400, conservata dai Padri Cappuccini ma misteriosamente trasmigrata verso Messina, gli argenti di Paternò a Berlino, le testimonianze archeologiche e archivistiche, disseminate nei tanti musei e quel patrimonio contemporaneo che era la collezione della Galleria d’Arte Moderna di Paternò. Chissà quante altre cose, spesso dimenticate, nascoste o peggio ancora trafugate.

Se vogliamo proporre un modello di sviluppo veramente sostenibile e utile per la comunità, Sofonisba e Gagini sono il giusto punto di partenza e non di arrivo.

Rendere sistemica l’offerta culturale e artistica, promuoverla con le agenzie turistiche anche organizzando “tour press” con le testate giornalistiche nazionali e internazionali, avviare un programma di ricettività diffusa e incentivare le attività artigianali, commerciali e turistiche per i giovani sarebbe la strada da intraprendere insieme alla formazione, alla divulgazione, al rinnovato rapporto con scuole, accademie e università. Se torna Hybla, se torna Demetra, se torna Maria, la città esce finalmente da questo esorcismo antico e rivive. Ma dobbiamo tutelare i nostri tesori, le infrastrutture storiche, i monumenti e il sottosuolo archeologico, scavando e non nascondendo. Raccontando la nostra storia vera.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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